sabato 30 maggio 2009

Ritagli di viaggio Parte II (Racconta Bico)

Racconto io, ma racconta Poker, che ora fa pure il furbo e taglia dove vuole lui per passarci bene. E allora diamogli un seguito a quel ritaglio di viaggio che ha inserito lui... e si continua.

...Svolto a sinistra al primo incrocio che ancora continuo a ridere e penso alla faccia di Bico e a quello che starà pensando adesso. Tranquillo, faccio il giro dell’isolato e poi passo a riprenderti. Però ho fame, penso. Faccio ancora un centinaio di metri e poi svolto di nuovo a sinistra. Vedo un bar dall’insegna carina e accosto. Scendo, mi metto le mani sui fianchi e mi guardo intorno. Proprio brutta questa città, non vedo l’ora di andarmene, ma ora pensiamo allo stomaco.

Entro nel bar e mi siedo al lungo bancone di legno. Esposti davanti a me ci sono una infinita serie di piatti, le tapas, di diverso genere. Dietro al banco una donna di mezz’età, di forma cuboidale, di un sorriso solare, che le gonfia le guance rosse. Chiedo subito una birra, poi inizio con gli assaggi delle tapas. Comincio dal pesce. La signora mi consiglia le anchoas marinate. Me le lascio servire, seguite subito dopo da dei bocconcini di pesce fritti. Sono eccezionali. La signora mi spiega che il pesce viene marinato prima di essere fritto. Ne prendo un’altra porzione e li lascio scorrere lentamente nel palato. Per continuare scelgo una porzione di chorizo, una salsiccia secca e molto speziata, poi mi lascio servire dei rotolini fritti ripieni al prosciutto, che lei chiama flamenquines. Anche questi sono divini. Per chiudere prendo una porzione di jamòn serrano. Il prosciutto spagnolo è il più buono del mondo, il suo gusto mi rimette completamente in pace con il mondo.
Finito di mangiare rimango qualche minuto seduto e mi fumo una sigaretta. I pensieri mi vanno in milioni di direzioni. Forse è davvero l’ora di smettere di piangersi addosso e cominciare ad affrontare un po’ la vita. Guardo l’orologio, direi che è l’ora di andare a prendere Bico, che immagino avrà ormai terminato di bestemmiare tutti i santi del calendario. Chiedo il conto e metto la mano automaticamente alla tasca posteriore per prendere il portafogli. Dalla mia espressione la signora capisce subito. Non c’è il portafogli nella tasca!
Rimango qualche secondo inebetito mentre dal volto della donna scompare il sorriso cordiale che aveva tenuto finora. Dove cazzo l’ho messo? Cerco di pensare velocemente, poi mi viene in mente che me lo ero tolto in macchina e l’avevo appoggiato sul cassettino a fianco del cambio. Spiego la situazione alla signora, che non si fida e mi accompagna fuori. Cerco di sorridere e fare qualche battuta ma la sua espressione mi congela. Dalla cucina spunta un omaccione alto e quasi calvo, con dei baffoni a manubrio. Probabilmente il marito. Non ha bisogno di parole, capisce tutto dallo sguardo della donna.

Usciamo dal bar e mi immergo nel Doblò, ma ne esco con espressione delusa. Il portafogli non c’è.
Tento un sorriso di circostanza, ma non funziona. La donna si volta e chiama il marito ad alta voce. Lui esce subito dopo e si avvicina minaccioso. Parlano concitatamente, mentre io cerco una soluzione rapida e senza mettermi a pensare che capitano tutte a me, d’altronde avevo appena promesso a me stesso di non piangermi più addosso. Mi viene in mente che ci dovrebbero essere un po’ di monete nell’altro cassetto, dalla parte del guidatore. I soldi per pagare l’autostrada. Un po’ a gesti, un po’ a parole mi spiego con i due, mentre fra le parole che si scambiano sento un “policia” che non mi piace per niente. Sto per fare il giro del Doblò per andare dall’altra parte, ma la mano forte dell’uomo mi blocca il braccio. Forse pensano che voglia andarmene.
-No, no- Dico. –Tengo el dinero en el coche.-
Per tranquillizzarlo gli lascio le chiavi della macchina. Lui se le lascia depositare nella sua enorme mano.
Entro dall’altra parte, con l’uomo che mi segue e mi metto a cercare nel cassetto. Per fortuna ci sono abbastanza monete per pagare il conto. Gli lascio anche qualcosa di più. L’uomo mi restituisce le chiavi, la signora si fa dipingere di nuovo sul volto il suo sorriso rassicurante, salgo velocemente e metto in moto. Mi dirigo subito verso la stazione per recuperare Bico. Ecco, una volta che sono tranquillo deve subito succedere qualcosa. Dove diavolo avrò perso il portafogli? C’erano pure i documenti, dovremo andare alla polizia a fare denuncia.

Arrivo sul punto in cui ci eravamo fermati più di mezz’ora prima. Bico è seduto sul marciapiede e sta fumando una sigaretta. Immagino non sia la prima. Scendo e sorrido allargando le braccia.
-Allora Bico… la Tunisia ci aspetta, salta su.-
Lui rimane seduto e continua a fumare, con aria serafica. Mi sa che l’ha presa male.
Faccio due passi verso di lui, sempre sorridendo.
-Dài, non te la sarai mica presa eh? Ti ho fatto uno scherzo. Ne avevo bisogno, avevo bisogno di togliermi la tensione di dosso. Di… ah, a proposito, prima di partire bisogna passare dalla polizia, ho perso il portafoglio. Dei soldi mi importa poco, ma c’erano dentro i documenti e se dobbiamo andare in Africa, come faccio…-
Si alza in piedi, senza rispondere e butta la cicca in terra, poi mi si avvicina e, prima che riesca a finire la frase o a rendermi conto di quello che sta succedendo, sento qualcosa di duro che mi investe la faccia e un secondo dopo sono in terra con la mascella che mi fa un gran male. Qualcosa mi atterra sullo stomaco, è il mio portafogli.
-Tieni, cogliòne!-
-Bico… mi hai dato un cazzotto.- Sono ancora stupito, mentre mi giro il portafogli fra le dita. L’aveva preso lui.
-Scusa ma… ne avevo bisogno.-
Lo dice mentre mi tende una mano e mi aiuta a rialzarmi. Lo dice con tono calmo, rilassato. Beh, forse me lo sono meritato. Uno a uno, dopotutto. Ma il portafogli…
Rientro in macchina dalla parte del passeggero, mentre lui sta accendendo il motore. Continuo a tenere il portafoglio in mano.
-Dove l’hai trovato?-
-L’ho preso prima, quando mi hai detto di portarti alla stazione. Avrei proprio voluto vedere come avresti fatto a pagare il biglietto.-
Si volta verso di me con un sorriso beffardo.
Figlio di troia! Lo credo che era tranquillo, anche quando sono andato via lasciandolo lì. Prima o poi mi sarei accorto che ero senza soldi e sarei dovuto tornare per forza. Mi metto a ridere e lui fa altrettanto. Ed è ancora una risata sana, ancora più liberatoria di quella che mi ero fatto da solo prima.
Però siamo due a uno per te, Bico. Prima o poi pareggerò il conto.
-Allora, Tunisia, coglione?-
-Tunisia, uomo perfetto.-


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