giovedì 12 agosto 2010

DUN DU DU DUN di Francesco Villari e Marco Di Grazia, XI e ultima parte

Si conclude il racconto DUN DU DU DUN con questa undicesima e ultima parte. Ringraziamo tutti coloro che ci hanno seguito e, se il racconto vi è piaciuto... come si dice in questi casi? Passaparola!



Racconta Bico
Ecco, la strada è questa. Faccio ancora cinquanta metri, poi entro nell’edificio e mi dirigo verso la stanza giusta.
-Buonasera.-
-Buonasera. Lei è…-
-Sono proprio io, ci siamo sentiti poco fa.-
-Bene, ha un documento?-
-Certo. Eccolo qua.-
-Mi attenda un minuto.-
Mi lascia dei fogli che firmo diligentemente, poi esce dalla stanza e rientra poco dopo.
-Ecco il suo portafogli.- Mi dice l’agente sorridendo. Lo apro e sorrido anch’io.
-Che fortuna averlo ritrovato e che fortuna che ci siano tutti i soldi! Grazie.-
-Sì, è stato davvero fortunato. Quando si ritrovano, di solito il denaro è sparito. Vuole avere il nome della persona che ce l’ha consegnato?-
-Ma certo, è stato molto onesto e vorrei ricompensarlo in qualche modo.-
-Un attimo.-

Due minuti dopo sono fuori dal posto di polizia. Accartoccio il foglietto col nome del benefattore e lo butto via, me ne sbatto abbondantemente di ringraziarlo. Apro ancora il portafogli di Poker e controllo. Trecento euro, mi aveva detto che ce n’erano di meno… Bene, bene… magari riesco anche a far aggiustare la macchina. Grazie Poker. Ora posso pure rimettere dentro la sua carta d’identità, ma prima è meglio se tolgo la mia foto che ci ho appiccicato sopra. Bel lavoro, niente da dire. Vediamo… il portafogli glielo spedirò poi per posta, alleggerito, naturalmente; come ha detto l’agente, è difficile che i soldi si ritrovino. Mi viene da ridere, povero Poker, ma ormai si era rassegnato al furto. E così quella ragazza non era una ladra. Beh, per ora è meglio che continui a pensarlo. Gli sta bene a quel piagnone, così impara come va la vita.
Allora, adesso che ho i soldi devo soltanto trovare un meccanico. Però l’idea di telefonare al Mistico non era male anche perché, con trecento euro, sarà difficile far aggiustare ‘sto catorcio. Alla fine, da questa storia non ho ricavato niente…e ho ridotto la mia mitica Panda in fin di vita. Eppure non riesco a rassegnarmi. Come è possibile?
Mentre continuo ad arrovellarmi su tutta la faccenda, lo sguardo mi cade improvvisamente su un piccolo manifesto attaccato ad un lampione. Un uomo alto, distinto, lo sta leggendo. C’è una parola in maiuscolo che mi folgora.
“I CAMALLI”
E subito sotto: “Torneo regionale di biliardo”.
-Scusi…-
-Sì?-
-Ma… questo è un torneo serio?-
-Certo che lo è! Il Torneo di biliardo dei Camalli è uno degli eventi sportivi più importanti qui da noi. E non solo per Genova: si tiene ogni anno e tutte le volte ha ampia risonanza, attirando giocatori da tutta la Liguria. Avrà inizio domani. E’ interessato a partecipare?-
-Ma… c’è ancora la possibilità di iscriversi?-
-Sì, ci si può iscrivere fino all’ultimo minuto. E c’è un gran bel premio in palio. Cinquemila euro per il vincitore e duemila per il secondo classificato.-
-Ah! E quant’è l’iscrizione?-
-E’ scritto lì sulla locandina, vede? Trecento euro.-
DUN DU DU DUN
Ora è tutto chiaro, mannajalamorte! Con gli occhi al cielo, sussurro commosso un “grazie nonno” mentre il tipo mi guarda in modo strano.
-Grazie, è stato gentilissimo.-
-Prego- risponde lui e io mi allontano canticchiando, vado alla Panda, la apro e accarezzo la custodia della mia Lupin II.
-Forza bella mia, c’è da guadagnare dei soldi domani. -
Prendo di nuovo il portafogli di Poker, riconto i trecento euro e mi allontano verso l’indirizzo indicato per l’iscrizione al Torneo dei Camalli. E mi sembra di vedere di fronte a me il “Francese” che mi guarda, sorride e mi augura buona fortuna con la sua erre moscia.
DUN –DU- DU- DUN.


FINE


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lunedì 9 agosto 2010

DUN DU DU DUN (Parte X)

Racconta Poker

Bico guida in silenzio, avvolto dal grigio dell’autostrada e dai suoi pensieri. Mi sa che è arrabbiato con me perché ho offeso suo nonno. Mi dispiace e vorrei dirglielo, ma le parole non mi escono. Mi chiudo in me stesso e mi limito ad ascoltare distrattamente la musica che arriva dallo stereo.
-La benzina è già quasi finita, quanto consuma questa cazzo di macchina?- Brontolando, Bico entra in una stazione di servizio e si avvicina alle pompe. Ne approfitto perché ho voglia di un caffè.
-Ne vuoi uno?-
-No- Risponde secco mentre si dirige verso il distributore.
Scendo e sbatto la portiera. Ora mi sono rotto dei suoi sbalzi di umore. Ogni volta devo sopportare le sue storie, finire nei guai per colpa sua e se mi permetto di dire qualcosa si incazza pure. Adesso basta! Prendo il caffè e quando torno gliene dico quattro


Racconta Bico

Ecco, il bambino ha bisogno del suo caffè. Ed è talmente idiota che non si rende nemmeno conto che potrei tranquillamente partire e lasciarlo qui. Sono troppo buono, non c’è niente da fare. Risalgo in macchina e prendo un confetto. Speriamo che faccia presto quel coglione, non ho voglia di aspettare tutto il giorno i suoi comodi e le sue voglie di caffè. Intanto sento il suono di un cellulare che proviene dal cassetto. È quello di Poker che squilla, sarà una delle sue fidanzate. Quasi quasi rispondo io. Apro il cassettino, c’è pure la sua carta d’identità. Ammazza quanto è brutto in questa foto, come farà ad avere successo con le donne? Prendo il cellulare e schiaccio il tastino verde mentre mi guardo intorno per accertarmi che Poker non rientri proprio ora.
-Sì?- Cerco di imitare la sua voce lagnosa. –Sì, sono io, dica pure…- … -Veramente?-


Racconta Poker

Il caffè è sempre terapeutico e ha il potere di rimettermi al mondo. Entro in macchina pronto ad affrontare Bico e dirgli una volta per tutte che mi sono rotto le palle di lui e dei suoi vaneggiamenti. Mi siedo e trovo quello che non mi aspetto. Bico mi accoglie col suo sorriso a sessantotto denti e con l’immancabile pacca sulla spalla che per poco non mi fa vomitare il caffè appena bevuto.
-Ed eccoti qua, Pokerone! Su, rimettiamoci in moto. Era buono il caffè?-
-Sì… sì… era buono, ma…-
-Bene, hai una bella cera, in effetti.-
Avvia il motore e ripartiamo. Per il resto del viaggio non smette un secondo di parlare: racconta barzellette, aneddoti della sua vita avventurosa, intervalla con domande su di me e la mia storia, parla di musica dandomi quasi sempre ragione e si scusa per avermi trascinato in questa assurda faccenda. Basito, non capisco.
Arrivati a Genova raggiungiamo la zona del porto dove è ferma la sua vecchia Panda. Scendiamo entrambi.
-Bene Poker, direi che ci possiamo salutare qua. Io ora devo pensare a rimettere a posto questo catorcio.-
-Sì, ma… come fai? Non sarebbe meglio se tu venissi a Firenze con me e poi prendessi un treno per Roma?-
-Sei un vero amico Poker, ma non voglio lasciare la mia compagna d’avventure qua da sola! E poi ho la soluzione: telefonerò al Mistico… Ti ho mai parlato del Mistico?-
-Ehm, mi pare di no.-
-Un vero mago dei motori e soprattutto uno che ha le conoscenze giuste. Ci penserà lui a mettermi in contatto con un meccanico di qui che mi farà credito, non ci sono problemi, davvero. I soldi ora servono più a te che a me.-
Apre il portafogli e conta i pochi biglietti che gli sono rimasti.
-Ecco, ho quasi ottanta euro. Prendine cinquanta. -
-Ma no, che fai? Sei matto? Non posso e…-
-Ma piantala! - Sorride. - Prendi i soldi, ti servono per tornare a casa. Me li ridarai la prossima volta che ci vedremo. -
-Sicuro?-
-Come di essere il più grande giocatore di biliardo del Prenestino.- E mi strizza l’occhio.
-Già! La stecca!- Dico.
-Giusto. Cazzo, Poker, se non ci fossi tu…-
Apro il portabagagli e prendo la custodia dove è riposta la sua fedele stecca da biliardo.
-La mia Lupin II. Grazie Poker.-
-E di che? Grazie a te. Sei sicuro che…- E gli mostro i cinquanta euro.
-Se lo dici un’altra volta ti butto in mare.- Ride e mi dà un’altra pacca sulla spalla. Ci salutiamo con un abbraccio.
-Mi raccomando, vieni a trovarmi a Roma che dobbiamo ancora parlare dei nostri progetti eh? Ricorda che abbiamo un romanzo da scrivere io e te. Siamo come Jagger e Richards, ricordi?-
-Oppure Lennon e McCartney.- Rispondo sorridente mentre metto in moto.
Un minuto dopo sono in partenza e osservo dallo specchietto retrovisore il mio amico che mi saluta. Bello avere degli amici, anche se a volte ti fanno arrabbiare. Accendo lo stereo e metto su un cd dei Rolling Stones.



Fine della decima e penultima parte del racconto... arrivederci per la prossima puntata che sarà quella conclusiva.


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giovedì 5 agosto 2010

DUN DU DU DUN (Parte IX)

Racconta Poker

-Belìn! E così tu saresti il nipote del “Francese” eh? Avvicinati un po’, fatti vedere meglio.-
Devo dire che Maciste è veramente un soprannome azzeccato. Anche se anziano, quest’uomo ha un’imponenza che fa paura. Le braccia che sporgono dalle lenzuola sono grandi e ancora muscolose, ma quello che mi inquieta di più sono gli stretti occhi di ghiaccio, senza contare quei lunghi capelli bianchi. Sembra lo stregone de “Il Signore degli Anelli”. Bico gli si avvicina sorridente; sono curioso di sapere cosa inventerà questa volta. Se riesce a tirar fuori soldi da questa storia mi faccio prete. E visto come mi vanno le cose con le donne, potrebbe essere un’idea. Però Bico ha il potere di distrarmi e seguirlo nelle sue follie almeno non mi fa pensare ai miei guai, a Isabel che mi ha rubato il portafogli, all’ennesima umiliazione, a una vita che rotola sempre più in basso e senza grandi aspettative. E così mi ritrovo in una stanza d’ospedale, al cospetto di un vecchio camallo ubriaco con la testa rotta, per accompagnare un pazzo che dà retta ai sogni e ai giri di basso echeggianti nella sua mente, convinto di seguire la via dell’oro. Mi sento a disagio. Bico no, lui è sempre ottimista, sempre positivo, insegue i fantasmi come fossero sirene, sgranocchia le inquietudini come fossero uno dei suoi confetti, ha ancora il coraggio o l’incoscienza di inseguire i sogni. Anche i più strani, i più assurdi. Che sia questa la vita?
Un grido gutturale mi riporta alla realtà. Maciste si è avventato su Bico con un’agilità che non avrei mai sospettato in un vecchio della sua mole. Rimango inchiodato al pavimento mentre in pochi secondi scoppia il finimondo. Vedo infermieri entrare nella stanza e togliere Bico dalla presa del camallo, avverto mani che ci spingono fuori, sento gridare in dialetto genovese, guardo Bico con gli occhi dilatati dallo spavento che viene sballottato fuori dalla stanza insieme a me.
-Belìn! Mi ha fregato i soldi, la donna e anche la moto!- Siamo fuori dalla stanza ma il vocione di Maciste giunge chiaro. Mi immagino che stia facendo a pezzi gli infermieri là dentro e che fra pochi secondi uscirà nudo e sanguinante dalla camera, brandendo una flebo a mo’ di frusta. Do un colpo di gomito a Bico, che per una volta sembra più sotto shock di me, e lo trascino fuori dall’ospedale.
Appena all’aria aperta, Bico riprende il suo colore naturale e, pare, anche il controllo della situazione. Ingoia un confetto e accende una sigaretta.
-Poker, qui c’è qualcosa che non torna.-
E meno male che se n’è accorto.
-Te lo dico io cosa c’è che non torna! Che tu sei pazzo! O scemo! O entrambe le cose. Ma ti rendi conto che quello per poco non ti ammazzava?-
Alzo la voce ma lui non mi ascolta; vedo che sta pensando. Muove la bocca, alza e abbassa quelle fessurine che ha al posto degli occhi, tamburella le dita fra loro.
-Sentiamo un po’ se il Professore ne sa qualcosa di più.-
Il Professore? E chi è il Professore?


Racconta Bico

-Mannajalamorte, professò! E non potevi raccontarmelo prima?-
-Perché avrei dovuto, Bico? Non ricordo che tu mi abbia domandato alcunché prima di partire.-
-E’ vero… Avevo chiesto informazioni a quello stordito di Taccone, ma lui si è limitato a dirmi che quel tizio della foto col nonno era un camallo.-
-E questo è vero- il Professore mi parla al telefono con la consueta calma e col piglio cattedratico da cui discende il suo soprannome - Quell’uomo è, o era, un camallo; quindi Taccone non ti ha fornito informazioni erronee. Tuttavia, ha omesso di riferirti che in quella bacheca sono collezionate soltanto fotografie di persone buggerate dal Francese nel corso della sua vita. In un linguaggio che disapprovo, direi che la bacheca immortala i fessi fregati da tuo nonno. Mi stupisco del fatto che tu non conoscessi questo suo vezzo. Ti credevo più informato su di lui.-
Mannajalamorte, il Professore mi ha dato un “4” e la materia era il nonno. E ha perfettamente ragione, dovrò rimediare, non posso avere lacune sulla vita di un grande uomo come lui. Però adesso ho guadagnato anch’io un posto in bacheca, il nonno ha fregato pure me, mannajalamorte. Perché è venuto in sogno e mi ha indicato quella foto, se poi ho soltanto rischiato di farmi massacrare da quel bestione? Forse voleva farmi sapere che non conosco tutto della sua vita e che ho ancora da imparare? Potrebbe essere… sì, forse… Ma il DUN DU DU DUN allora? E soprattutto, perché quando cerco di ragionare, ho questa mosca di Poker che mi ronza attorno e sta a lagnarsi come al solito?
-Mi senti Bico?-
-Ehhhh!- Rispondo scocciato.
-Vogliamo star qui ancora un po’? Così magari lo dimettono quel Maciste e ci uccide meglio.
-Uh, che palle, Poker. E lasciami pensare…-
-Ma cosa vuoi pensare? Dobbiamo solo andarcene da qui, o vuoi finire di riscuotere l’eredità di tuo nonno? Bel tipo, sì! E poi finisce che ci rimetto anch’io.-
-Ohè, non ti permettere di offendere il nonno! Era gagliardo lui, magari non proprio uno stinco di santo, ma è sempre stato amato e rispettato da tutti.-
-Proprio da tutti non mi pare.-
Maledetto Poker. Ogni tanto il suo sarcasmo mi dà sui nervi.
-Su, andiamo!- Dico seccamente.
-Bene. E dov’è che andiamo?-
-E dove vuoi andare deficiente? Te l’ho già detto, si torna a Genova e lì… arrivederci!-
-Ma io… io non ho un soldo.-
-Ti arrangi



Appuntamento alla prossima, che sarà la penultima puntata...


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lunedì 2 agosto 2010

DUN DU DU DUN (Parte VIII)

Racconta Poker

Non capisco più nulla. Ho le lacrime agli occhi e vorrei essere in qualsiasi altra parte del mondo. Mi andrebbe bene anche un campo di lavoro in Siberia. L’ispettore mi osserva, ma io non so che fare. Non dicono nei film che si ha il diritto di non parlare? Sento il petto che mi si gonfia, forse mi sta per venire un infarto. Almeno se muoio mi tolgo da questo impiccio e poi ci andrò io a visitare Bico in sogno, sì. Glieli mando io i sogni rivelatori, a questa testa di cazzo.
L’ispettore si alza, passa una mano fra i radi capelli brizzolati, poi comincia a camminare su e giù per l’ufficio. Squilla il telefono e alza la cornetta. Per la durata della telefonata si limita ad esclamare qualche “Sì”, ad annuire, a borbottare qualche mugugno, a spostare gli occhi da me a Bico e viceversa. Il suo sguardo mi carica di nuova ansia, mentre Bico sgranocchia tranquillo uno dei suoi soliti confetti. Io invece non riesco a non pensare a cosa potrà succederci. L’ispettore riaggancia il telefono.
-Oggi non ho voglia di perdere tempo, ragazzi. E nemmeno il signor Bocchetti. Siete piuttosto fortunati.-
Che vorrà dire adesso?


Racconta Bico

-Mannajalamorte, Poker!-
-Ahia!-
-Ehhh quante storie per un colpetto sulla spalla! Avevi una paura fottuta, invece hai visto che si è risolto tutto in un attimo?-
-Sì, ma solo perché quel Maciste non è morto!-
-Appunto, era solo ubriaco ed è stramazzato a terra spaccandosi la testa. Ammazza quanto sangue c’ha quello, però! E tu che avevi paura di finire in galera…-
Rido di gusto mentre Poker mi guarda di sottecchi.
-Oh, sei stato tu a voler scappare. Ti rendi conto che potevano denunciarci per omissione di soccorso? E meno male che anche il signor Bocchetti non ha sporto denuncia. E meno male che Maciste si è ripreso all’ospedale e ha raccontato che ha fatto tutto da solo. E meno male che…-
-E basta, Poker!!! Siamo fuori o no?-
La voce grossa fa sempre effetto su di lui; si zittisce e accende una sigaretta tenendola nervosamente stretta fra i denti.
-Bene, andiamo!-
-E dove?- Sibila piano fra il fumo che gli esce dalle labbra.
-All’ospedale, no? C’è ancora da parlare con Maciste o te ne sei dimenticato?-
-All’ospedale? Ma tu sei scemo, io all’ospedale non ci vengo, non ho voglia di finire in qualche altro guaio, perché tanto lo so che ci ritroveremo nei guai, finisce sempre così con te!-
Uhm, quasi quasi gli do ragione.
-Ma sbrigati, coglione!-




Alla prossima puntata e grazie a tutti coloro che ci stanno seguendo...

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sabato 31 luglio 2010

DUN DU DU DUN (Parte VII)

Racconta Poker

L’ululato delle sirene diventa assordante. Mi volto e vedo un’ambulanza che si ferma proprio davanti alla palazzina di Maciste. Tempo qualche secondo e anche due macchine della polizia entrano in scena parcheggiando con stridore di freni. Guardo Bico che è tornato pallido come quando è uscito dall’appartamento. Lo sento pronunciare il suo immancabile “mannajalamorte” poi vedo l’ometto occhialuto sulla soglia parlottare con due agenti. Punta il dito nella nostra direzione. Guardo Bico. Ma sta indicando noi! Gli agenti salgono in auto e partono.
-Bico, che è successo?- Gli domando.
La macchina della polizia ci si ferma accanto. Un agente scende e fa un cenno eloquente.
-Voi due, salite in macchina e vi conviene farlo con le buone.-
Sento le gambe che cedono.
Riprendo i sensi quando già mi trovo sul sedile posteriore dell’auto della polizia, tra Bico e un altro agente. Lo guardo, ma lui tiene gli occhi fissi in avanti. Cerco di dire qualcosa e subito il poliziotto alla guida mi intima di stare zitto. Obbedisco. Mi sento male.
In commissariato veniamo condotti nell’ufficio di un ispettore. Bico entra e alza le mani sorridendo.
-Caro commissario, non siamo stati noi a uccidere Maciste, glielo posso giurare.- E ingoia un confetto. Uccidere? Come uccidere? Maciste è morto? Mi volto fulmineo verso Bico che sorride sicuro, mentre l’uomo in giacca e cravatta gli dice a muso duro che è un ispettore e non un commissario. Bico si scusa.
-Allora- Riprende l’ispettore. –Lei dice che non siete stati voi a uccidere Maciste…-
Ancora? Uccidere Maciste? Noi? Allora avevo capito bene. E ora che gli raccontiamo?
L’ispettore prosegue. –E quindi mi saprà spiegare per quale motivo vi siete introdotti furtivamente nel suo appartamento…-
Guardo Bico con odio. Ecco, ora raccontala all’ispettore la storiella del nonno apparso in sogno che ti indica la foto del camallo, il DUN DU DU DUN del basso di Money e tutte le altre cazzate, così se non ci sbattono in galera, come minimo ci fanno rinchiudere in manicomio. Vorrei saltargli alla gola e strozzarlo, ma sento all’improvviso che la stanza gira. E le gambe cedono di nuovo…


Racconta Bico

Non faccio in tempo a cominciare a parlare che Poker mi sviene accanto. Due agenti si precipitano a soccorrerlo.
-Non è niente- dico. –Il ragazzo è un po’ troppo emotivo. Con un confetto si rimette in sesto.-
Mentre gli agenti fanno riprendere i sensi a Poker, mi rivolgo all’ispettore, cercando di convincerlo che non abbiamo niente a che fare con il camallo ucciso e che, anzi, se possibile, collaborerò di buon grado per dare informazioni utili alla cattura del vero assassino e faccio notare che il vicino di casa occhialuto ha l’aria sospetta.
L’ispettore non parla, poi fa un cenno a uno dei suoi uomini. Mezzo minuto dopo l’ometto appare nella stanza.
-E’ stato il signor Bocchetti qui presente a chiamare sia noi che l’ambulanza, dopo che, insospettito dal vostro atteggiamento, è entrato nell’abitazione del signor Binda Ivano, meglio conosciuto come Maciste.-
Mannajalamorte, ora sono cazzi.
-E’ vero, ispettore. Quando li ho trovati sul pianerottolo non avevo motivo di sospettare niente, ma quello lì ha iniziato a raccontarmi storielle inaccettabili su impresari cinematografici, film in lavorazione e inesistenti case di produzione. Voleva perfino farmi credere che Amici Miei l’ha diretto Zeffirelli. Dico, si rende conto? Lo sanno anche i muri che il regista è Monicelli. E le dirò di più, in origine il film era stato affidato a Pietro Germi, il quale purtroppo è morto prima dell’inizio delle riprese e la casa di produzione…-
Mannajalamorte! Sarà cieco ma i film li vede, eccome.
L’ispettore picchietta una penna sulla scrivania. –Va bene, va bene signor Bocchetti, lei può andare.- Insiste a guardarmi, poi sposta l’attenzione su Poker, che nel frattempo si è ripreso.
-Che ha da dirmi, ora?-
-No, via, siamo seri. Non penserà davvero che siamo stati noi ad ammazzare Maciste?-
-Perché lo stavate cercando?-
-Era un amico di mio nonno. Volevo rivederlo, quando ero piccolo giocavo spesso con lui. Non sa quanto sono rimasto sconvolto nel vedere il suo cadavere. Lo so che avrei dovuto chiamarvi, ma … mi creda…l’angoscia non mi ha fatto ragionare. Povero Maciste… era un uomo così buono…-
Mentre immagino me stesso a ritirare l’oscar con il mio bello smoking e le scarpe di vernice che riflettono i sorrisi delle attrici pronte a venire a letto con me, mi accorgo che sul volto dell’ispettore si è dipinto un ghigno beffardo. Si volta verso Poker.
-E lei che ha da dire?-
Addio. Se apre bocca ci danno l’ergastolo.



Qui finisce la settima parte e appuntamento a breve per il proseguo del racconto.

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venerdì 30 luglio 2010

DUN DU DU DUN (Parte VI)

Racconta Poker

Bico esce dall’appartamento con una faccia da cadavere. È bianco come un lenzuolo pulito e muove le sue fessurine dappertutto.
-Che c’è?-
Lui non risponde e fissa la porta di fronte, alla quale è affacciato un ometto basso e calvo, con un paio di occhiali spessi come mattoni di vetrocemento. L’ometto ci osserva con sguardo indagatore.
-E lui chi è?- Fa Bico.
-E voi chi siete?- Rimbalza l’ometto. – Lo stavo appunto chiedendo al suo amico…-
-Noi… noi… siamo impresari cinematografici. Volevamo contattare Maciste per una parte in un film.-
Mi volto stupito. Ma che sta dicendo? Mentre parla sorride all’ometto e intanto mi spinge con il gomito verso le scale.
-Impresari cinematografici?- Si entusiasma l’altro. - Ma che bello! Lo so che Maciste ha lavorato nel cinema tanti anni fa. E di che produzione siete?-
Bico continua la lenta migrazione verso le scale. –Della… della… Multiantaniperdue produzioni. Roba grossa. Grazie, la chiameremo se ci dovesse servire una comparsa con le sue caratteristiche. Arrivederci…-
E mi sussurra “andiamo Poker” a denti stretti. L’ometto invece esce trionfante dalla porta e si mette fra noi e le scale.
-La Multiantaniperdue produzioni?- Esclama stupito.
-Sì, sì, quelli di “Amici miei”, ha presente?-
Non capisco, ma sento le sue braccia che mi spingono la schiena. Che sta succedendo? Perché gli racconta queste cazzate? Mosso da Bico arrivo a scostare l’ometto e lo guardo come a chiedergli scusa.
-Ah, che grande film! Oggi non ne fanno più così, è d’accordo?-
-Sì, sì, sono d’accordo.- Siamo ormai sulle scale e lui continua a sgomitarmi la colonna vertebrale. Inciampo rischiando di scapicollarmi di sotto. –Le farò avere un dvd originale firmato da Zeffirelli in persona, contento?- Urla Bico quando siamo ormai giunti a pianterreno.
-Contentissimo, grazie!- Echeggia la voce dell’ometto mentre percorriamo velocemente il corridoio verso il portone esterno.


Racconta Bico

-Su, andiamo!- Esclamo secco appena mettiamo il naso fuori dal portone. Poker continua a guardarmi con l’aria del koala spaurito.
-Ma, ma… andiamo dove? E che è successo là dentro? Hai visto Maciste?-
-Piantala con le domande. Non è il momento dei quiz. Maciste non c’era, andiamocene.-
Parto deciso verso la macchina, ma dopo pochi passi mi accorgo che Poker è ancora piantato davanti al portone. Mannajalamorte! Ce le ha lui le chiavi, sennò lo avrei lasciato qui.
-Poker, mi fai la cortesia di muovere le chiappe? Te lo ripeto: andiamo via da qui. Torniamo a Genova e poi ognuno per cazzi propri.-
-Ma vuoi spiegarmi cosa è successo?-
Torno indietro e l’afferro per un braccio trascinandolo via.
-Nulla. Non è successo nulla, ti ho detto che Maciste non c’era. Sono incazzato perché è la prima volta che il nonno mi dà una fregatura.-
-Ma che dici? Se non l’hai trovato ora puoi trovarlo più tardi, no? Fermo restando che per me tutta questa storia rimane una bella cazzata.-
-Sì, sì, vabbè, ma ora muoviti.- E continuo a trascinarlo sulla strada.
-Ma perché tutta questa fretta?-
Mi fermo, con le mani piantate sui fianchi, lui fa un sobbalzo all’indietro e mi guarda allarmato.
-Poker, se fai un’altra domanda giuro che ti spezzo le clavicole. Ho detto che dobbiamo andare, lo capisci o no l’italiano?-
Deglutisce, sta per rispondere qualcosa, ma la nostra attenzione viene catturata da un concerto di suoni che si sta avvicinando.




Fine della sesta parte. Alla prossima...

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mercoledì 28 luglio 2010

DUN DU DU DUN (Parte V)

Racconta Poker

Bico si attacca al campanello e suona più volte. Non risponde nessuno.
-E ora?- Domando.
Si gratta la barbetta ispida, dà un’occhiata al portone che è aperto e lo spinge infilando la testa nell’androne.
-Forse il campanello è rotto, per questo tengono il portone aperto, vedi? Andiamo, su.-
Entriamo attraversando un corridoio con le pareti annerite dalla muffa; ci sono due biciclette scassate appoggiate al muro e una carrozzella di traverso che ostruisce il passaggio. Bico la sposta infastidito.
-Che razza di gente! E’ proprio vero che il rispetto è morto, Poker.-
Bico che parla di rispetto fa lo stesso effetto di Obelix che parla di dieta. Lui comunque ha già cominciato a salire le scale. Lo seguo.
-A che piano sarà?-
-Poker, mannajalamorte! La palazzina è a due piani e il suo campanello è il quarto, vuol dire che abita al secondo, no?-
Raggiungiamo la porta del camallo. E’ solo socchiusa e Bico non esita a cacciare il naso dentro chiamando Maciste.
-Bico, ma che fai? Non si può mica…-
-Sta’ zitto, per piacere!- E continua a chiamarlo.
-Andiamo via, dai! Sarà uscito e avrà dimenticato di chiudere.- Ma Bico non mi sente nemmeno e apre la porta chiedendo permesso.
-Bico??? Non si può entrare in una casa altrui così.-
Si volta scocciato.
-E non mi rompere le palle! Stai qui se non vuoi entrare, ma non mi tormentare con le tue lamentele.



Racconta Bico

Lascio Poker sul pianerottolo a bearsi della sua onestà ed entro nell’appartamento di Maciste. È semibuio, le serrande sono abbassate. C’è un cattivo odore di avanzi di cibo, faccio una smorfia di disgusto e vado avanti nel piccolo corridoio. Chiamo ancora il padrone di casa. Stai a vedere che ha ragione Poker ed è uscito davvero. Però c’è qualcosa che mi inquieta. Forse dovrei tornare indietro, ma i piedi vanno avanti da soli. E mi accorgo che sto sudando. C’è proprio qualcosa che non va in questo appartamento. Faccio capolino in una stanza e ciò che mi trovo davanti mi blocca le gambe e, per un secondo, anche il cuore.
C’è un uomo riverso sul pavimento, a torso nudo e con lunghi capelli bianchi che gli scendono sulle spalle. Ma quel che è peggio è che quell’uomo è avvolto da una pozza di sangue. Il tempo di focalizzare l’immagine e in un attimo sono di nuovo alla porta. Prendo fiato prima di tornare sul pianerottolo. Sento delle voci. Con chi diavolo sta parlando Poker?


E appuntamento alla sesta parte...

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lunedì 26 luglio 2010

DUN DU DU DUN (Parte IV)

Racconta Poker

-Ma tu sei scemo! Torniamo subito indietro!-
Lo sapevo, non dovevo fidarmi di lui e soprattutto non dovevo permettergli di salire al posto di guida. Così, invece che prendere la direzione giusta, ha diretto la macchina dalla parte opposta, verso il confine con la Francia. Stiamo andando a Ventimiglia. A Ventimiglia! Io devo sciropparmi duecento chilometri di strada per seguire i vaneggiamenti di questo schizoide! A Ventimiglia! Per andare dietro a un sogno poi. Io ora lo faccio fermare, mi riapproprio del volante, torniamo indietro e lo porto in una clinica per farlo internare.
-Non sono matto, Poker! Ti dico che qui c’è da fare soldi. Per entrambi! Vedi che fortuna hai avuto a incontrarmi?-
Ecco, ora ha imparato pure a leggere nel pensiero!
-E tu credi di fare soldi perché tuo nonno ti è apparso in sogno? Tu sei pazzo ed io non voglio diventarlo continuando a darti retta!-
-Poker, mi offendi. Sappi che quando il nonno si fa vivo nei miei sogni c’è sempre un motivo. L’ultima volta mi ha detto: Testaccio. Io mi sono alzato, sono andato al Testaccio e ho trovato un tavolo di chemin. Sai caro mio quanto ho vinto? Ottomila! Ottomila eurazzi sull’unghia. Il nonno più il giro di basso di “Money” sono infallibili…-
-Oddio, ora c’è pure il giro di basso?-
Questo malato di mente mi sta propinando la solita solfa che quando gli risuona in testa il giro di basso di “Money” dei Pink Floyd vuol dire che sta per arrivare denaro. Quante volte gliel’ho sentita dire ‘sta stronzata? Non voglio neppure ricordarlo.
-…E l’altra sera il DUN DU DU DUN l’ho sentito dopo che mi era apparso il nonno in sogno.-
Non ci credo, non ci credo e non ci credo. E non ci voglio credere. E non ci voglio andare a Ventimiglia, ma so già che mi toccherà andarci. Intanto Bico continua a delirare sul suo sogno. Mi accendo una sigaretta e smetto di ascoltarlo, ma l’alternativa è peggio. Il ricordo di Isabel si fa prepotente e irrompe. E fa male. Non mi resta che ascoltare ancora questo pazzoide.
-Vedi Poker, lui nel sogno indicava qualcosa alle mie spalle. Io lì per lì non capivo. E poi quella parola… camalli. Tu sai cosa sono i camalli?-
-Sì, sono i portuali genovesi, gli scaricatori di merci.-
-Bravo!- E mi dà una pacca sul petto che mi fa sputare la sigaretta sul tappetino. Ho voglia di ucciderlo. –Sei un vero uomo di cultura tu, l’ho sempre detto. Io invece non lo sapevo, comunque mi sono informato. E poi… zac! Ho avuto l’intuizione.-
-E sarebbe?-
-Nel sogno mi trovavo in un punto preciso della sala e il nonno indicava alle mie spalle. Un altro punto preciso, esattamente dove c’è ancora la bacheca con le vecchie foto, una specie di altare alla memoria del Francese. Il giorno dopo sono andato alla sala ad osservare le foto. Ho preso la mira dal punto in cui si trovava mio nonno nel sogno e sono andato dritto. E vuoi sapere che c’era?-
-Che c’era?- Sospiro.
-Una foto.-
-Cazzo, che scoperta. C’era una foto in una bacheca piena di foto. Sensazionale.-
-E fammi finire, bestia! Ho chiesto informazioni a Taccone; ti ho parlato di Taccone, no?-
Qualche milione di volte. Mi verrebbe da dirgli.
-E sai che ha detto Taccone? Sai chi era ritratto insieme a mio nonno?-
-No, ovvio che non lo so.-
-Eh heeee… e qui casca l’asino, caro amico mio. In quella foto degli anni ‘50, il Francese è accanto a un tale, detto Maciste, uno dei più famosi camalli genovesi. Ha fatto anche dei film, sai?-
Stavolta la sigaretta mi cade senza bisogno di botte. –Ma stai scherzando?-
-E che ci sono venuto a fare a Genova, secondo te? Il problema è che questo tizio non vive più qua, ma si è trasferito a Ventimiglia, per cui… ecco perché ci stiamo dirigendo vers la France, all’ultimo paese italien prima del confine.-
-Sì, ma… quello che mi chiedo… quando ti troverai davanti a questo camallo, che cazzo vai a dirgli?-
-Boh? E che ne so? Però mi fido del nonno e del DUN DU DU DUN.-
Voglio morire. Getto il mozzicone fuori dal finestrino e spingo il cd nello stereo. Partono le note di “Una notte in Italia” di Fossati. Respiro.
-Dai Poker, vedrai che questa volta ci mettiamo un po’ di soldini in tasca.-
-Veramente con te di solito ci rimetto anche la tasca.-


Racconta Bico

Ignoro la sua battuta, anzi, ignoro la sua esistenza per il resto del viaggio. Riapro bocca solo due ore dopo.
-Visto che non era poi così lontano?-
-Dove siamo?- chiede Poker appena consapevole di aver dormito per tutto il tempo.
-A Copenaghen! Dove vuoi che siamo? Non la vedi la Sirenetta?-
-Questa battuta l’ho già sentita!-
- Pensa a tutte le volte che io devo sorbirmi le tue lagne - rispondo sarcastico - Anche quelle non sono una novità.-
Fa un gesto con la mano. E anche questo lo riconosco al volo.
-Sì sì, ho capito- taglio corto -Caffè.-
Al bar approfitto per chiedere informazioni sul famoso camallo. Pare lo conoscano tutti da queste parti. Bene, la cosa si fa più semplice del previsto. Il barista mi conferma che l’indirizzo è corretto e si trova a duecento metri da qui. E’ il mio giorno fortunato! Penso.
Corroborato da questa convinzione pago e al posto del resto chiedo un “gratta e vinci”. E vinco davvero, mannajalamorte! Dieci euro, non un capitale ma quanto basta a confermarmi che gli astri girano dalla mia parte. Anche Poker compra un “gratta e vinci” con i due euro che gli sono rimasti in tasca. Se lo rigira un po’ fra le mani, ma non ha l’aria molto convinta. E che l’ha comprato a fare, allora? Poi capisco perché esita. C’è un tipo che sta chiedendo l’elemosina. Poker si avvicina e gli regala il biglietto. Secondo me l’altro avrebbe preferito i due euro, comunque, trattandosi di Poker, non mi stupirei di rivedere il mendicante passare con una Ferrari. Esco dal bar, Poker stavolta si è fissato su due gambe minigonnate che sfilano dall’altra parte del marciapiede. Lo immagino perso a fantasticare chissà quale storia d’amore circondato da petali di rose e Baci Perugina. Mi verrebbe da chiedergli come mai nelle sue storie da fiaba c’è posto solo per donne con l’aria da zoccola, ma non ho tempo da perdere, c’è da cercare il camallo, così lo scuoto energicamente per farlo tornare sulla terra.
-Andiamo Poker!-
-Eh?- Sussulta. –Sì, sì.-
-E lascia perdere quella là, su. Non ti è bastato farti fregare il portafogli una volta, oggi?-
Sogghigno compiaciuto della stoccata e il suo sguardo da cane bastonato mi conferma che il colpo è arrivato.
Poco dopo arriviamo all’indirizzo che ci hanno dato. Corrisponde a una palazzina bassa, un po’ malridotta. Si intravede un citofono.
-Come hai detto che si chiama il camallo?- Chiede Poker distrattamente.
-Maciste.-
-Il nome vero intendo.-
-Che ne so!-
Rotea gli occhi buttandoli al cielo.
-E come pensi di trovarlo l’interno giusto?-
Mi avvicino al citofono esaminando i nomi. Dopo trenta secondi indico il quarto a destra. Poker si avvicina e legge la targhetta vergata a caratteri cubitali: MACISTE.
Inarco un sopracciglio mentre lui scuote la testa sconsolato. Tiro fuori il cellulare e gli faccio una foto. Così, tanto per immortalare la sua faccia da coglione.


e... alla prossima puntata.

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venerdì 23 luglio 2010

DUN DU DU DUN (Parte III)

E proseguiamo con il racconto DUN DU DU DUN... arrivato qui alla terza parte. Bico e Poker continuano a narrare l'avventura in terra ligure.


Racconta Poker

Guardo il telefono, poi guardo l’uomo dentro il baracchino, poi di nuovo il telefono, poi lo appoggio ancora all’orecchio. Una voce in spagnolo mi informa che il numero chiamato è inesistente. Sento il cuore gonfiarsi dentro il petto e il respiro si fa affannoso. Oddio, sto per svenire, non è possibile! E poi chi è quel cretino laggiù che mi saluta? Non conosco nessuno qua. Certo che… a guardarlo meglio…
-Pokerrrrrrrrr!-
Non è possibile, ora svengo davvero.
-Bico?-
Mi guardo intorno incredulo, poi ripeto.
-Bico???-
Lui comincia a saltellare come un capriolo, corre verso di me e mi abbraccia. Resto immobile per lo stupore.
-Poker! Mannajalamorte! Incredibile, ma che ci fai a Genova?-
Non ho l’umore giusto per contraccambiare il suo entusiasmo.
-Io? Che ci fai tu piuttosto?-
Mi dà una pacca sulla spalla che per poco non mi viene da vomitare.
-Mannajalamorte Poker! Scommetto che sei qui per qualche donna eh, vecchio marpione? Dov’è, dov’è?-
Muove dappertutto le fessurine color castagna che stanno dove gli altri hanno gli occhi. Mi dà sui nervi. Non gli dico niente, mi limito a indicare la nave ormai diventata un puntino all’orizzonte.
-Ah. È partita eh? Vabbé, dai… vi rivedrete.-
Si caccia in bocca uno dei suoi odiosi confetti e continua a picchiettarmi sul braccio.
-E com’è che hai quella faccia da funerale? Su, su… non sarà mica la fine del mondo, dai! Cosa fai qui? Hai la macchina nel parcheggio? Su, paga e andiamo, così ci facciamo una bevuta e mi racconti tutto.-
-C’è un piccolo problema.- Dico dimesso. L’uomo nel gabbiotto segue la nostra conversazione spostando gli occhi dall’uno all’altro.
- Che problema?- Domanda incuriosito Bico.


Racconta Bico

Mi attacco al bicchiere di birra perché non riesco a smettere di ridere. Poker mi guarda in cagnesco. Un po’ mi dispiace, poveretto, ma non ce la faccio, è più forte di me. E continuo a ridere.
-Non ci posso credere! Ti sei fatto fregare il portafogli dalla tipa. Te l’ho detto tante volte, tu quando sei con una donna non capisci niente. Ma come hai fatto a non accorgertene?-
-E basta! Cazzo, io sto male e tu mi prendi per il culo? Sei proprio un bello stronzo!-
Si alza di scatto e rovescia il bicchiere. Dal banco un tipo butterato ci manda un’occhiataccia e ci interroga con lo sguardo.
-Niente, niente- dico sorridendo e prendo il bicchiere che per fortuna non si è rotto. –Siediti Poker, dai, non fare il bambino. Ok, ok, scusa se ho riso, ma converrai che non si sente raccontare tutti i giorni una storia del genere. Conosci una tipa spagnola, la ospiti un paio di giorni a casa tua, poi la porti a Genova a prendere il traghetto e dopo che è partita ti accorgi che ti ha fregato il portafogli. Se dobbiamo scrivere il nostro romanzo prima o poi, bisogna che ti stia più vicino. Sei una fonte inesaurbile.-
-E continui? Ma vaffanculo!-
Si alza di nuovo e stavolta per fortuna non rovescia niente.
-Dai, stai calmo. Dove vuoi andare che non hai un soldo? E meno male che hai incontrato me. Su, andiamo.-
Pago le birre poi passo di nuovo accanto a Poker che sembra in preda a una delle sue classiche crisi mistico-amorose. –Poker, tu non hai il portafogli e quindi neanche la patente, giusto? Però hai la macchina, mentre io sono nella situazione opposta.-
-Quindi?-
-Quindi, come al solito ci incastriamo alla perfezione. D’altronde siamo Jagger e Richards, ricordi?
-Sì, ma… la tua macchina? Mi porti in Toscana e la lasci qui? Come farai a…-
-E che palla sei, Poker! Non ci pensare, ora. Andiamo…-
-Sì, ma prima devo fare una cosa.- Abbassa lo sguardo. -La denuncia per il furto del portafogli.-
-Ah, giusto. E anch’io devo fare una cosa: recupero la mia stecca da biliardo nella Panda, lo sai che non me ne separo mai.-
Appena uscito dal commissariato, Poker ha una faccia ancora più scura di prima. Immagino l’imbarazzo nel dover denunciare un furto del genere. Provo a rincuorarlo.
-E sorridi che è una bella giornata. Salta su!- Accendo il motore e ci dirigiamo verso l’autostrada-.



fine della terza parte... alla prossima puntata.

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martedì 20 luglio 2010

DUN DU DU DUN (Parte II)

Proseguiamo con il racconto DUN DU DU DUN... per il riassunto della prima parte... niente riassunto, basta leggere il post precedente. :-D


Racconta Poker

-Holaaaaaaa-
Isabel ride radiosa e agita la mano dal ponte della nave, mentre io resto qui sul molo a vederla allontanarsi e mi viene un groppo in gola. Mi guardo intorno e Genova non mi sembra più la città colorata e affascinante di questi giorni trascorsi con lei. Ora è ripartita su quel traghetto che la porterà a Barcellona, mentre speravo che si fermasse di più, magari poteva venire a passare qualche altro giorno da me e…
Bah, inutile stare a pensarci, tanto so già che lo farò abbondantemente nelle prossime ore, sulla strada di ritorno verso Firenze. Mi volto ancora a guardare la sagoma della nave. Ormai Isabel non si vede più. Però andrò a trovarla presto, appena racimolo un po’ di soldi mi faccio una vacanza a Barcellona. Già, i soldi; sempre lo stesso problema. È da mesi che non riesco a disegnare una storia decente, ammesso che ci sia un editore disposto a comprarla e poi la crisi, le congiunture, l’economia… ma che palle! E intanto devo pure pagare il parcheggio della macchina. E cominciamo a buttare via un po’ di quella vacanza. Mi avvicino al gabbiotto e consegno il biglietto del parcheggio all’impiegato. Otto euro, accidenti a lui! Prendo il portafogli e…
Ma… ma… ma che succede?


Racconta Bico

Mannajalamorte! Ma chi me lo fa fare di andare in giro con una cazzo di macchina dell’84? Scendo furioso dalla mia Panda che non ne vuol sapere di ripartire e le assesto un calcio sul paraurti. Chissà, ho letto un fumetto dove questo trucco funzionava. Rientro e provo a mettere in moto ma non succede niente; il motore esala respiri affannosi. Scendo di nuovo e mi guardo intorno. E dove la porto ora? Fra l’altro non ce li ho mica i soldi per farla mettere a posto e poi, a pensarci bene, chi lo ripara questo rudere? Giusto il Mistico potrebbe metterci le mani, ma il Mistico qui non c’è e ora sono cazzi!
Mi guardo intorno, se c’è un bar vado a sbronzarmi poi prendo un treno, al ritorno vedrò come fare, speriamo che la seconda parte di questo viaggio sia più proficua. Bar non ce ne sono, però focalizzo lo sguardo su un tipo a un centinaio di metri da me che sta armeggiando col cellulare. Guarda te come somiglia a Poker, è proprio uguale a lui! Quasi quasi gli telefono e gli dico che sono faccia a faccia con un suo sosia.
Certo che gli assomiglia parecchio, eccome. Pure troppo.


E qui finisce la seconda puntata... il resto alle prossime.

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