lunedì 26 luglio 2010

DUN DU DU DUN (Parte IV)

Racconta Poker

-Ma tu sei scemo! Torniamo subito indietro!-
Lo sapevo, non dovevo fidarmi di lui e soprattutto non dovevo permettergli di salire al posto di guida. Così, invece che prendere la direzione giusta, ha diretto la macchina dalla parte opposta, verso il confine con la Francia. Stiamo andando a Ventimiglia. A Ventimiglia! Io devo sciropparmi duecento chilometri di strada per seguire i vaneggiamenti di questo schizoide! A Ventimiglia! Per andare dietro a un sogno poi. Io ora lo faccio fermare, mi riapproprio del volante, torniamo indietro e lo porto in una clinica per farlo internare.
-Non sono matto, Poker! Ti dico che qui c’è da fare soldi. Per entrambi! Vedi che fortuna hai avuto a incontrarmi?-
Ecco, ora ha imparato pure a leggere nel pensiero!
-E tu credi di fare soldi perché tuo nonno ti è apparso in sogno? Tu sei pazzo ed io non voglio diventarlo continuando a darti retta!-
-Poker, mi offendi. Sappi che quando il nonno si fa vivo nei miei sogni c’è sempre un motivo. L’ultima volta mi ha detto: Testaccio. Io mi sono alzato, sono andato al Testaccio e ho trovato un tavolo di chemin. Sai caro mio quanto ho vinto? Ottomila! Ottomila eurazzi sull’unghia. Il nonno più il giro di basso di “Money” sono infallibili…-
-Oddio, ora c’è pure il giro di basso?-
Questo malato di mente mi sta propinando la solita solfa che quando gli risuona in testa il giro di basso di “Money” dei Pink Floyd vuol dire che sta per arrivare denaro. Quante volte gliel’ho sentita dire ‘sta stronzata? Non voglio neppure ricordarlo.
-…E l’altra sera il DUN DU DU DUN l’ho sentito dopo che mi era apparso il nonno in sogno.-
Non ci credo, non ci credo e non ci credo. E non ci voglio credere. E non ci voglio andare a Ventimiglia, ma so già che mi toccherà andarci. Intanto Bico continua a delirare sul suo sogno. Mi accendo una sigaretta e smetto di ascoltarlo, ma l’alternativa è peggio. Il ricordo di Isabel si fa prepotente e irrompe. E fa male. Non mi resta che ascoltare ancora questo pazzoide.
-Vedi Poker, lui nel sogno indicava qualcosa alle mie spalle. Io lì per lì non capivo. E poi quella parola… camalli. Tu sai cosa sono i camalli?-
-Sì, sono i portuali genovesi, gli scaricatori di merci.-
-Bravo!- E mi dà una pacca sul petto che mi fa sputare la sigaretta sul tappetino. Ho voglia di ucciderlo. –Sei un vero uomo di cultura tu, l’ho sempre detto. Io invece non lo sapevo, comunque mi sono informato. E poi… zac! Ho avuto l’intuizione.-
-E sarebbe?-
-Nel sogno mi trovavo in un punto preciso della sala e il nonno indicava alle mie spalle. Un altro punto preciso, esattamente dove c’è ancora la bacheca con le vecchie foto, una specie di altare alla memoria del Francese. Il giorno dopo sono andato alla sala ad osservare le foto. Ho preso la mira dal punto in cui si trovava mio nonno nel sogno e sono andato dritto. E vuoi sapere che c’era?-
-Che c’era?- Sospiro.
-Una foto.-
-Cazzo, che scoperta. C’era una foto in una bacheca piena di foto. Sensazionale.-
-E fammi finire, bestia! Ho chiesto informazioni a Taccone; ti ho parlato di Taccone, no?-
Qualche milione di volte. Mi verrebbe da dirgli.
-E sai che ha detto Taccone? Sai chi era ritratto insieme a mio nonno?-
-No, ovvio che non lo so.-
-Eh heeee… e qui casca l’asino, caro amico mio. In quella foto degli anni ‘50, il Francese è accanto a un tale, detto Maciste, uno dei più famosi camalli genovesi. Ha fatto anche dei film, sai?-
Stavolta la sigaretta mi cade senza bisogno di botte. –Ma stai scherzando?-
-E che ci sono venuto a fare a Genova, secondo te? Il problema è che questo tizio non vive più qua, ma si è trasferito a Ventimiglia, per cui… ecco perché ci stiamo dirigendo vers la France, all’ultimo paese italien prima del confine.-
-Sì, ma… quello che mi chiedo… quando ti troverai davanti a questo camallo, che cazzo vai a dirgli?-
-Boh? E che ne so? Però mi fido del nonno e del DUN DU DU DUN.-
Voglio morire. Getto il mozzicone fuori dal finestrino e spingo il cd nello stereo. Partono le note di “Una notte in Italia” di Fossati. Respiro.
-Dai Poker, vedrai che questa volta ci mettiamo un po’ di soldini in tasca.-
-Veramente con te di solito ci rimetto anche la tasca.-


Racconta Bico

Ignoro la sua battuta, anzi, ignoro la sua esistenza per il resto del viaggio. Riapro bocca solo due ore dopo.
-Visto che non era poi così lontano?-
-Dove siamo?- chiede Poker appena consapevole di aver dormito per tutto il tempo.
-A Copenaghen! Dove vuoi che siamo? Non la vedi la Sirenetta?-
-Questa battuta l’ho già sentita!-
- Pensa a tutte le volte che io devo sorbirmi le tue lagne - rispondo sarcastico - Anche quelle non sono una novità.-
Fa un gesto con la mano. E anche questo lo riconosco al volo.
-Sì sì, ho capito- taglio corto -Caffè.-
Al bar approfitto per chiedere informazioni sul famoso camallo. Pare lo conoscano tutti da queste parti. Bene, la cosa si fa più semplice del previsto. Il barista mi conferma che l’indirizzo è corretto e si trova a duecento metri da qui. E’ il mio giorno fortunato! Penso.
Corroborato da questa convinzione pago e al posto del resto chiedo un “gratta e vinci”. E vinco davvero, mannajalamorte! Dieci euro, non un capitale ma quanto basta a confermarmi che gli astri girano dalla mia parte. Anche Poker compra un “gratta e vinci” con i due euro che gli sono rimasti in tasca. Se lo rigira un po’ fra le mani, ma non ha l’aria molto convinta. E che l’ha comprato a fare, allora? Poi capisco perché esita. C’è un tipo che sta chiedendo l’elemosina. Poker si avvicina e gli regala il biglietto. Secondo me l’altro avrebbe preferito i due euro, comunque, trattandosi di Poker, non mi stupirei di rivedere il mendicante passare con una Ferrari. Esco dal bar, Poker stavolta si è fissato su due gambe minigonnate che sfilano dall’altra parte del marciapiede. Lo immagino perso a fantasticare chissà quale storia d’amore circondato da petali di rose e Baci Perugina. Mi verrebbe da chiedergli come mai nelle sue storie da fiaba c’è posto solo per donne con l’aria da zoccola, ma non ho tempo da perdere, c’è da cercare il camallo, così lo scuoto energicamente per farlo tornare sulla terra.
-Andiamo Poker!-
-Eh?- Sussulta. –Sì, sì.-
-E lascia perdere quella là, su. Non ti è bastato farti fregare il portafogli una volta, oggi?-
Sogghigno compiaciuto della stoccata e il suo sguardo da cane bastonato mi conferma che il colpo è arrivato.
Poco dopo arriviamo all’indirizzo che ci hanno dato. Corrisponde a una palazzina bassa, un po’ malridotta. Si intravede un citofono.
-Come hai detto che si chiama il camallo?- Chiede Poker distrattamente.
-Maciste.-
-Il nome vero intendo.-
-Che ne so!-
Rotea gli occhi buttandoli al cielo.
-E come pensi di trovarlo l’interno giusto?-
Mi avvicino al citofono esaminando i nomi. Dopo trenta secondi indico il quarto a destra. Poker si avvicina e legge la targhetta vergata a caratteri cubitali: MACISTE.
Inarco un sopracciglio mentre lui scuote la testa sconsolato. Tiro fuori il cellulare e gli faccio una foto. Così, tanto per immortalare la sua faccia da coglione.


e... alla prossima puntata.

.

Nessun commento: