giovedì 5 agosto 2010

DUN DU DU DUN (Parte IX)

Racconta Poker

-Belìn! E così tu saresti il nipote del “Francese” eh? Avvicinati un po’, fatti vedere meglio.-
Devo dire che Maciste è veramente un soprannome azzeccato. Anche se anziano, quest’uomo ha un’imponenza che fa paura. Le braccia che sporgono dalle lenzuola sono grandi e ancora muscolose, ma quello che mi inquieta di più sono gli stretti occhi di ghiaccio, senza contare quei lunghi capelli bianchi. Sembra lo stregone de “Il Signore degli Anelli”. Bico gli si avvicina sorridente; sono curioso di sapere cosa inventerà questa volta. Se riesce a tirar fuori soldi da questa storia mi faccio prete. E visto come mi vanno le cose con le donne, potrebbe essere un’idea. Però Bico ha il potere di distrarmi e seguirlo nelle sue follie almeno non mi fa pensare ai miei guai, a Isabel che mi ha rubato il portafogli, all’ennesima umiliazione, a una vita che rotola sempre più in basso e senza grandi aspettative. E così mi ritrovo in una stanza d’ospedale, al cospetto di un vecchio camallo ubriaco con la testa rotta, per accompagnare un pazzo che dà retta ai sogni e ai giri di basso echeggianti nella sua mente, convinto di seguire la via dell’oro. Mi sento a disagio. Bico no, lui è sempre ottimista, sempre positivo, insegue i fantasmi come fossero sirene, sgranocchia le inquietudini come fossero uno dei suoi confetti, ha ancora il coraggio o l’incoscienza di inseguire i sogni. Anche i più strani, i più assurdi. Che sia questa la vita?
Un grido gutturale mi riporta alla realtà. Maciste si è avventato su Bico con un’agilità che non avrei mai sospettato in un vecchio della sua mole. Rimango inchiodato al pavimento mentre in pochi secondi scoppia il finimondo. Vedo infermieri entrare nella stanza e togliere Bico dalla presa del camallo, avverto mani che ci spingono fuori, sento gridare in dialetto genovese, guardo Bico con gli occhi dilatati dallo spavento che viene sballottato fuori dalla stanza insieme a me.
-Belìn! Mi ha fregato i soldi, la donna e anche la moto!- Siamo fuori dalla stanza ma il vocione di Maciste giunge chiaro. Mi immagino che stia facendo a pezzi gli infermieri là dentro e che fra pochi secondi uscirà nudo e sanguinante dalla camera, brandendo una flebo a mo’ di frusta. Do un colpo di gomito a Bico, che per una volta sembra più sotto shock di me, e lo trascino fuori dall’ospedale.
Appena all’aria aperta, Bico riprende il suo colore naturale e, pare, anche il controllo della situazione. Ingoia un confetto e accende una sigaretta.
-Poker, qui c’è qualcosa che non torna.-
E meno male che se n’è accorto.
-Te lo dico io cosa c’è che non torna! Che tu sei pazzo! O scemo! O entrambe le cose. Ma ti rendi conto che quello per poco non ti ammazzava?-
Alzo la voce ma lui non mi ascolta; vedo che sta pensando. Muove la bocca, alza e abbassa quelle fessurine che ha al posto degli occhi, tamburella le dita fra loro.
-Sentiamo un po’ se il Professore ne sa qualcosa di più.-
Il Professore? E chi è il Professore?


Racconta Bico

-Mannajalamorte, professò! E non potevi raccontarmelo prima?-
-Perché avrei dovuto, Bico? Non ricordo che tu mi abbia domandato alcunché prima di partire.-
-E’ vero… Avevo chiesto informazioni a quello stordito di Taccone, ma lui si è limitato a dirmi che quel tizio della foto col nonno era un camallo.-
-E questo è vero- il Professore mi parla al telefono con la consueta calma e col piglio cattedratico da cui discende il suo soprannome - Quell’uomo è, o era, un camallo; quindi Taccone non ti ha fornito informazioni erronee. Tuttavia, ha omesso di riferirti che in quella bacheca sono collezionate soltanto fotografie di persone buggerate dal Francese nel corso della sua vita. In un linguaggio che disapprovo, direi che la bacheca immortala i fessi fregati da tuo nonno. Mi stupisco del fatto che tu non conoscessi questo suo vezzo. Ti credevo più informato su di lui.-
Mannajalamorte, il Professore mi ha dato un “4” e la materia era il nonno. E ha perfettamente ragione, dovrò rimediare, non posso avere lacune sulla vita di un grande uomo come lui. Però adesso ho guadagnato anch’io un posto in bacheca, il nonno ha fregato pure me, mannajalamorte. Perché è venuto in sogno e mi ha indicato quella foto, se poi ho soltanto rischiato di farmi massacrare da quel bestione? Forse voleva farmi sapere che non conosco tutto della sua vita e che ho ancora da imparare? Potrebbe essere… sì, forse… Ma il DUN DU DU DUN allora? E soprattutto, perché quando cerco di ragionare, ho questa mosca di Poker che mi ronza attorno e sta a lagnarsi come al solito?
-Mi senti Bico?-
-Ehhhh!- Rispondo scocciato.
-Vogliamo star qui ancora un po’? Così magari lo dimettono quel Maciste e ci uccide meglio.
-Uh, che palle, Poker. E lasciami pensare…-
-Ma cosa vuoi pensare? Dobbiamo solo andarcene da qui, o vuoi finire di riscuotere l’eredità di tuo nonno? Bel tipo, sì! E poi finisce che ci rimetto anch’io.-
-Ohè, non ti permettere di offendere il nonno! Era gagliardo lui, magari non proprio uno stinco di santo, ma è sempre stato amato e rispettato da tutti.-
-Proprio da tutti non mi pare.-
Maledetto Poker. Ogni tanto il suo sarcasmo mi dà sui nervi.
-Su, andiamo!- Dico seccamente.
-Bene. E dov’è che andiamo?-
-E dove vuoi andare deficiente? Te l’ho già detto, si torna a Genova e lì… arrivederci!-
-Ma io… io non ho un soldo.-
-Ti arrangi



Appuntamento alla prossima, che sarà la penultima puntata...


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