lunedì 9 agosto 2010

DUN DU DU DUN (Parte X)

Racconta Poker

Bico guida in silenzio, avvolto dal grigio dell’autostrada e dai suoi pensieri. Mi sa che è arrabbiato con me perché ho offeso suo nonno. Mi dispiace e vorrei dirglielo, ma le parole non mi escono. Mi chiudo in me stesso e mi limito ad ascoltare distrattamente la musica che arriva dallo stereo.
-La benzina è già quasi finita, quanto consuma questa cazzo di macchina?- Brontolando, Bico entra in una stazione di servizio e si avvicina alle pompe. Ne approfitto perché ho voglia di un caffè.
-Ne vuoi uno?-
-No- Risponde secco mentre si dirige verso il distributore.
Scendo e sbatto la portiera. Ora mi sono rotto dei suoi sbalzi di umore. Ogni volta devo sopportare le sue storie, finire nei guai per colpa sua e se mi permetto di dire qualcosa si incazza pure. Adesso basta! Prendo il caffè e quando torno gliene dico quattro


Racconta Bico

Ecco, il bambino ha bisogno del suo caffè. Ed è talmente idiota che non si rende nemmeno conto che potrei tranquillamente partire e lasciarlo qui. Sono troppo buono, non c’è niente da fare. Risalgo in macchina e prendo un confetto. Speriamo che faccia presto quel coglione, non ho voglia di aspettare tutto il giorno i suoi comodi e le sue voglie di caffè. Intanto sento il suono di un cellulare che proviene dal cassetto. È quello di Poker che squilla, sarà una delle sue fidanzate. Quasi quasi rispondo io. Apro il cassettino, c’è pure la sua carta d’identità. Ammazza quanto è brutto in questa foto, come farà ad avere successo con le donne? Prendo il cellulare e schiaccio il tastino verde mentre mi guardo intorno per accertarmi che Poker non rientri proprio ora.
-Sì?- Cerco di imitare la sua voce lagnosa. –Sì, sono io, dica pure…- … -Veramente?-


Racconta Poker

Il caffè è sempre terapeutico e ha il potere di rimettermi al mondo. Entro in macchina pronto ad affrontare Bico e dirgli una volta per tutte che mi sono rotto le palle di lui e dei suoi vaneggiamenti. Mi siedo e trovo quello che non mi aspetto. Bico mi accoglie col suo sorriso a sessantotto denti e con l’immancabile pacca sulla spalla che per poco non mi fa vomitare il caffè appena bevuto.
-Ed eccoti qua, Pokerone! Su, rimettiamoci in moto. Era buono il caffè?-
-Sì… sì… era buono, ma…-
-Bene, hai una bella cera, in effetti.-
Avvia il motore e ripartiamo. Per il resto del viaggio non smette un secondo di parlare: racconta barzellette, aneddoti della sua vita avventurosa, intervalla con domande su di me e la mia storia, parla di musica dandomi quasi sempre ragione e si scusa per avermi trascinato in questa assurda faccenda. Basito, non capisco.
Arrivati a Genova raggiungiamo la zona del porto dove è ferma la sua vecchia Panda. Scendiamo entrambi.
-Bene Poker, direi che ci possiamo salutare qua. Io ora devo pensare a rimettere a posto questo catorcio.-
-Sì, ma… come fai? Non sarebbe meglio se tu venissi a Firenze con me e poi prendessi un treno per Roma?-
-Sei un vero amico Poker, ma non voglio lasciare la mia compagna d’avventure qua da sola! E poi ho la soluzione: telefonerò al Mistico… Ti ho mai parlato del Mistico?-
-Ehm, mi pare di no.-
-Un vero mago dei motori e soprattutto uno che ha le conoscenze giuste. Ci penserà lui a mettermi in contatto con un meccanico di qui che mi farà credito, non ci sono problemi, davvero. I soldi ora servono più a te che a me.-
Apre il portafogli e conta i pochi biglietti che gli sono rimasti.
-Ecco, ho quasi ottanta euro. Prendine cinquanta. -
-Ma no, che fai? Sei matto? Non posso e…-
-Ma piantala! - Sorride. - Prendi i soldi, ti servono per tornare a casa. Me li ridarai la prossima volta che ci vedremo. -
-Sicuro?-
-Come di essere il più grande giocatore di biliardo del Prenestino.- E mi strizza l’occhio.
-Già! La stecca!- Dico.
-Giusto. Cazzo, Poker, se non ci fossi tu…-
Apro il portabagagli e prendo la custodia dove è riposta la sua fedele stecca da biliardo.
-La mia Lupin II. Grazie Poker.-
-E di che? Grazie a te. Sei sicuro che…- E gli mostro i cinquanta euro.
-Se lo dici un’altra volta ti butto in mare.- Ride e mi dà un’altra pacca sulla spalla. Ci salutiamo con un abbraccio.
-Mi raccomando, vieni a trovarmi a Roma che dobbiamo ancora parlare dei nostri progetti eh? Ricorda che abbiamo un romanzo da scrivere io e te. Siamo come Jagger e Richards, ricordi?-
-Oppure Lennon e McCartney.- Rispondo sorridente mentre metto in moto.
Un minuto dopo sono in partenza e osservo dallo specchietto retrovisore il mio amico che mi saluta. Bello avere degli amici, anche se a volte ti fanno arrabbiare. Accendo lo stereo e metto su un cd dei Rolling Stones.



Fine della decima e penultima parte del racconto... arrivederci per la prossima puntata che sarà quella conclusiva.


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